I compiti di un giocatore di Dungeon World
Se ne parlava altrove (https://plus.google.com/100891656436184215243/posts/HFYWVA8YDKN) con Paride Papadia, ma nel manuale di Dungeon World, a differenza, per esempio, di quello de Il Mondo dell’Apocalisse, non si dice espressamente quali sono i compiti di un giocatore.
Con questo post voglio provare io a fare un elenco di compiti di un giocatore di Dungeon World. Questi, qualcuno dirà, sono compiti che i giocatori hanno anche in altri giochi, ma qui io voglio concentrarmi solo su Dungeon World, come se i giocatori non conoscessero nessun altro gioco di ruolo.
Un giocatore deve voler giocare a Dungeon World
Oh, sembrerà banale da dire, ma questo significa conoscere, almeno per sommi capi, di che cosa parla il gioco ed essere interessati all’esperienza che propone. Anche la semplice indifferenza non è un buon punto di partenza: devi volerci proprio giocare.
Questo significa anche prestare attenzione alle regole. Non dico che sia necessario leggere o studiare il manuale: basta prestare attenzione quando il giocatore che sta spiegando il gioco spiega le regole. Questo significa fare uno sforzo per capire le regole, per impararle, per ricordarsele, per ricordarsi di applicarle in futuro.
Un giocatore deve voler giocare con gli altri giocatori
Questo significa voler giocare con tutti gli altri membri del gruppo, senza esclusioni. Avere screzi o cose non dette non è una buona base di partenza. Questo significa non introdurre altri giocatori se tutti gli altri partecipanti non sono più che entusiasti della cosa.
Un giocatore deve avere rispetto per gli altri giocatori
Questo significa anche aspettare il proprio turno di parola, essere curiosi di quello che gli altri hanno da dire, di quello che portano in gioco, di quello che fanno con i propri personaggi.
Questo significa non usare i cellulari al tavolo di gioco, se non per ragioni di lavoro o per problemi familiari e, anche in questi casi, sarebbe buona cosa avvisare i propri compagni di gioco del perché si sta utilizzando un cellulare al tavolo (se avete problemi grossi, chiedete di saltare la sessione: è molto più rispettoso per voi e per gli altri!).
Questo significa presenziare alle sessioni di gioco, e non farle saltare, a meno che proprio no sia necessario. Questo significa comprendere i problemi altrui e accettare che qualche sessione possa anche saltare. Questo significa non giocare, se manca qualcuno, perché anche quando non sei in scena col tuo personaggio, sei parte integrante della giocata.
Un giocatore deve avere fiducia negli altri giocatori
Questo significa essere consapevoli che si sta giocando assieme, e non contro. Questo vale anche per il GM, e in entrambe le direzioni: il GM non gioca contro i giocatori.
Questo significa non andare contro le premesse del gioco: i personaggi possono avere screzi, ma sono alleati.
Questo significa riconoscere e accettare quando si sbaglia, e riconoscere e accettare (e perdonare) quando gli altri sbagliano.
Un giocatore deve giocare (i propri personaggi, e non solo) con passione
Questo significa interessarsi alla giocata, contribuire alla sua organizzazione e alla sua buona riuscita. Questo significa morire dalla voglia di andare avanti, di scoprire quello che accadrà, di vedere cosa porteranno al tavolo agli altri.
Questo significa giocare i propri personaggi come se fossero delle persone vere. Significa dargli dei sentimenti, delle reazioni plausibili, qualcosa in cui credono, qualcosa a cui tenere. Questo significa non sacrificare i propri personaggi sull’altare del party e del gruppo di gioco. Questo significa portare i conflitti tra i personaggi in gioco, se emergono, e non soffocarli in nome di una “buona riuscita della partita”.
Ricordatevi che il GM “deve essere fan dei vostri personaggi”. Questo significa creare dei personaggi per i quali sia possibile empatizzare. Darkon Darkblade, l’ennesimo assassino Gary Sue senza alcun volto e personalità, così cattivo da essere “kattivoh”, fa cagare al cazzo. Fate un altro personaggio: qualcuno per cui sia possibile tifare.
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Per ora mi fermo qui. Vediamo se mi viene in mente altro, o se magari viene in mente a voi. 😉
Un giocatore deve aver fiducia nelle regole
Questo significa leggerle, e cercare di capirle e applicarle correttamente. Questo significa cercare delle risposte, quando qualcosa non torna nelle regole. Questo significa fidarsi delle risposte, anche quando di primo acchito non ci piacciono.
Questo significa fare i giocatori e non i designer. Questo significa cercare di capire a quale gioco ci volevano far giocare i game designer. Questo significa scendere dal podio e capire il gioco che è scritto nel manuale (o nelle intenzioni degli autori, nel caso in cui il manuale non ci sia chiaro), prima di cominciare a pontificare sul gioco che noi abbiamo capito (e che magari non è quello scritto nel manuale).
luca passetti secondo me ti interessa.
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Ho aggiunto questa parte all’ultimo punto:
«Ricordatevi che il GM “deve essere fan dei vostri personaggi”. Questo significa creare dei personaggi per i quali sia possibile empatizzare. Darkon Darkblade, l’ennesimo assassino Gary Sue senza alcun volto e personalità, così cattivo da essere “kattivoh”, fa cagare al cazzo. Fate un altro personaggio: qualcuno per cui sia possibile tifare».
Odio i giocatori che non espongono il personaggio, come se il Gm o gli altri giocatori siano li per fregarlo, quando in realtà esponendolo, non farebbero altro che rendere interessante giocare.
luca passetti, tu dici che li odi, ma pensa a dove nasce quella paura.
Perché io ho tanti raccontini di gente che si atteggia come il GM che è li per fregarti. Se sdogani una cultura del gioco in cui i soprusi del GM verso i giocatori fanno parte del divertimento legato all’hobby, poi non puoi aspettarti che i giocatori si aprano come approccio standard.
Occorre che crei una cultura di gioco basata sulla collaborazione e sulla fiducia reciproca prima. 😉
e come fai se ormai nella loro testa è così?
Daniele Di Rubbo non è il caso dei giocatori di Luca, che sono gli stessi con cui gioco io. Sembra qualcosa di innato, come se nella loro testa fosse normale che il GM, ma anche gli altri giocatori, siano al tavolo per fregarli.
Detto questo, per me è un problema di maturità, ludica e non. Purtroppo mi trovo spesso a giocare con persone che non sottoscrivono quelle regole fondamentali che hai elencato – regole di buon senso per la buona convivenza ad un qualsiasi tavolo dove si faccia GdR. Per fortuna si può comunque essere amici, ma creare un gruppo di gioco che non finisca in scazzi o discussioni sta diventando un’impresa. E abbiamo tutti 30 anni suonati.
luca passetti, in quel caso penso che cercherei di decostruire quell’atteggiamento, proponendo giochi dove non è possibile.
Penso a giochi come Microscope, The Quiet Year, oppure come Montsegur 1244, oppure dove l’antagonismo serve a una o più parti del gioco, come Contenders o Blood Red Sands.
Mattia Davolio, in quel caso credo che sia un problema personale. C’è solo da capire se è voluto o se è semplicemente fomentato dall’ambiente, volutamente o meno. Nel primo caso non ci puoi fare molto, nel secondo puoi provare a decostruirlo, più o meno con gli stessi metodi che ho detto sopra.
Daniele Di Rubbo stiamo avendo difficoltà a proporre giochi PbtA, che hanno una struttura tradizionale, dubito riusciremo a farli giocare ad altro. Sia io che Pass (neanche sua madre lo chiama Luca xD) abbiamo comprato Trollbabe… secondo te come hanno reagito al fatto di dover giocare un troll femmina?
Credo sia un problema di incompatibilità ludica: quello che io cerco nel GdR, la passione e la voglia di provare nuovi giochi, di capirli, semplicemente non gli appartiene. Non è una colpa, ci mancherebbe, semplicemente un dato di fatto.
Solo mi dispiace che le possibilità per me di giocare si siano ormai ridotte all’osso, dato che non sono più in sintonia con nessuno dei miei vecchi compagni di gioco (l’ultima anno è stato disastroso, ho visto più discussioni che sessioni di gioco), non conosco altre persone in zona e sono un po’ allergico al gioco on-line, che secondo me toglie molto all’esperienza del GdR.
In realtà capisco come ti senti.
Mattia Davolio eeh hai ragione sul gioco online però noto che giocare online on in pbf è meglio che non giocare per niente.
Io da quando me ne sono sbattuto e ho cominciato a giocare online, ho fatto tanta di quell’esperienza…
Mattia Davolio il gioco online è fantastico. Vivo in una città piccola e in cui la maggioranza dei giocatori sono giocatori di D&D 3.5, pathfinder, o altra roba in quello stile che associa quintali di regole scritte male all’idea di buon gioco di ruolo, e giocare online mi ha dato la possibilità di conoscere giocatori e provare cose nuove.
non lo so, sono scettico da sempre sul gioco online, stupidamente, dato che non lo mai provato. Ma riuscite a sostenere una campagna online? riuscite a sentirvi come al tavolo di gioco? non è una situazione un po “fredda”? chiedo a voi che ci avete giocato.
Tu mi stai dicendo che al tavolo di gioco offline litighi e pensi che giocare online sia freddo? ;-P
Cioè, io ho avuto delle esperienze bellissime online. E, non per dire, ma in questo periodo sto giocando più offline che online, per cui non è che sia uno che gioca solo online. 😉
Se il gruppo non ha gravi problemi di connettività, giocare in hangout non è male. Il mio problema è che non ho un posto dedicato e ho la connettività che va a singhiozzo in upload per cui sparisco spesso come video e mi diventa l’audio metallico… così non si può giocare… io infatti posso di fatto giocare in pbf che ha tempi geologici.
Sto organizzando la sessione finale della campagna di DW proprio per via del punto 2, un giocatore non vuole più giocare con altri due; forse con questo manifesto stampato sarebbe stato diverso :O
Faglielo pure leggere. 😉