Ho creato questo oggetto magico, le Tende di Galmu, per Jason Morningstar.

Ho creato questo oggetto magico, le Tende di Galmu, per Jason Morningstar.

Ho creato questo oggetto magico, le Tende di Galmu, per Jason Morningstar. Visto che prima le ho scritte in italiano e poi le ho tradotte in inglese mi ritrovo con anche la descrizione italiana dell’oggetto. Sono, inoltre, particolarmente orgoglioso del risultato, sul quale può ben essere costruito un intero dungeon, ormai. I miei amici mi dicono che è una figata, dunque ve lo lascio qua, così magari intriga anche voi.

Le Tende di Galmu sono un set di due tendaggi blu damascate, con un intreccio d’oro e argento che consiste in lettere e parole in una lingua morta.

Dodici secoli fa, il Sultano Ja’far Isma’il al-Quafiah, noto per essere stato l’ultimo regnante dell’Illuminato Sultanato dei Lapislazzuli, decise di rivolgere, come passatempo, la propria attenzione alla vita sociale della propria corte. Da sempre affascinato dalle tormentose vite dei propri sudditi – esistenze ben lontane dall’ozio al quale anni di pace e di stabilità politica avevano ormai ridotto la sua vita da regnante – incaricò i propri alchimisti di realizzare uno strumento che gli permettesse di guardare all’interno dell’animo dei propri cortigiani, per leggere in loro le segrete opinioni che ognuno di essi aveva nei confronti di chi lo circondava.

Gli alchimisti del Sultanato, sotto la direzione del primo alchimista Galmu al-Mahadi, realizzarono dunque due tendaggi. Essi vennero realizzati con le fibre del F’araquah, il rarissimo fiore blu che cresce solamente tra gli erg del mare di sale, i cui pollini, si dice, permettono di fondersi con l’etere ed entrare nella mente delle persone, e leggerne l’animo. Le decorazioni argentee e dorate vennero invece ricamate coi capelli delle cento migliori donne dell’harem del sultano, e il colore dorato e argentato di queste fibre venne loro artificialmente aggiunto. Parte di questi capelli vennero utilizzati per intessere una formula magica nel ricamo di entrambi i tendaggi, in un linguaggio codificato ex-novo dal linguista e biografo personale del sultano, l’enunuco Muhammad Fadir, il quale dopo avere lavorato senza riposo per 100 giorni e 100 notti al fine creare una nuova lingua artificiale, e avere trascritto la formula magica da usare sui tendaggi, venne sacrificato alla dea del silenzio, Ismaillah, cosicchè non divulgasse, nemmeno da morto, i segreti di tale linguaggio, condannando tale idioma a morire per sempre. Secongo Galmu e i suoi alchimisti, soltanto colui che avrebbe avuto occhi tali da poter leggere con tranquillità nel cuore altrui avrebbe avuto il diritto di scoprire quale fosse la parola scritta su quei tendaggi, rivelando dunque quale fosse l’elemento fondante del rituale.

Una volta pronte, le tende vennero appese sull’uscio che, dalla sala degli avori del Palazzo d’Oro di Hirah – la capitale del Sultanato – conduceva sulla maestosa terrazza dalla quale era possibile contemplare tutti e cinque gli orizzonti. Durante un pranzo in cui, tra famigliari e personalità politiche, erano presenti oltre 500 persone, il Sultano Ja’far mise alla prova il proprio nuovo strumento, superando lo stipite, e dunque i tendaggi. Quei pochi istanti gli bastarono per scrutare nel cuore di tutti i presenti. Scoprì dunque l’odio cannibalico che i propri figli covavano l’uno nei confronti del’altra, percepì in essi l’attesa ansiosa per la morte del loro padre, vide quante volte ognuna delle proprie concubine gli aveva mentito. Sconvolto da tale orrore, si gettò subito dalla terrazza, mettendo fine alla propria esistenza, senza avere scelto un erede tra i propri figli. Il sultanato esplose immediatamente in una guerra civile fra i diciassette figli del Sultano, i quali si distrussero vicendevolmente in pochi mesi di lotta fratricida, al termine dei quali dell’Illuminato Sultanato dei Lapislazzuli non restava più nulla. La capitale Hirah è, oggi, una città fantasma, invasa dalla sabbia e dai Djinni, e il Palazzo d’Oro è ridotto a un rudere. Curiosamente, la magia profetica intessuta nelle tende di Galmu ha fatto si che queste non si consumassero col tempo; esse ancora pendono sullo stipite sulla quale vennero appese.

Quando superi le tende di Galmu conta quanti legami hai in totale.

Per ogni legame che hai, puoi rivolgere una domanda ad uno dei tuoi compagni di party, fintanto che essi si trovano all’interno o nelle vicinanze del Palazzo d’Oro. La domanda deve riguardare il tuo personaggio, oppure altri personaggi all’interno del gruppo.

Dopo ogni domanda, puoi cancellare uno dei tuoi legami, e creare un nuovo legame che si leghi alla risposta che ti è stata data.

Se cambi almeno la metà per difetto dei tuoi legami puoi scegliere di modificare il tuo allineamento.

Se lo fai, guadagni un numero di punti esperienza pari al numero di legami che hai cambiato.

Se non lo fai, sei in grado di leggere l’iscrizione segreta sulle tende. Si tratta di una parola, un aforisma, o comunque un’espressione di pochissime parole in grado di rispondere alla seguente domanda: “Quale peccato si compie, scrutando nell’anima altrui?”. Decidi qual’è quell’iscrizione, e dì al tuo GM di preparare, per una futura sessione, un fronte d’avventura che abbia quel nome.

Le Tende di Galmu non sono pensate per un’utilizzo costante: non potranno essere riutilizzate, anche da un’individuo differente, prima della prossima avventura. Dal momento che i ricami magici sono stati realizzati con i capelli delle cortigiane che vivevano nel Palazzo d’Oro (le quali non avevano mai messo piede fuori dalle mura), il potere delle tende, inoltre, scema al di fuori di questa struttura, e i suoi effetti non possono dunque essere utilizzati al di fuori di essa.